sabato 22 luglio 2017

Caro corpo ti scrivo



Come stai?
Alle volte è domanda di banale circostanza, ma io te lo chiedo con sincero interesse, mi informo davvero sulle tue condizioni di salute.
Ma, di primo acchito, seguendo il solito automatismo direi, bene grazie...
oppure, con calma, inizierei a conversare con te, a esporti i miei problemi, a raccontare.
Raccontare come sono, perché sono così.
Perché sei così, come?
Perché sono le mani di mia madre gli occhi di mio nonno l'ossatura di mio padre.
Ogni pezzo è il dono di qualcuno.
E poco alla volta riconosco e ricompongo tutto il disegno.
Ricordo il benessere dei baci e delle carezze dell'infanzia.
Il solletico che stuzzica, il contatto freddo dell'acqua o del vento gelidi che fanno arricciare la pelle, il tocco bollente di una goccia scappata al controllo che ustiona dolorosamente.
Sensazioni diverse da immagazzinare nel tempo.
E poi?
Poi il pieno e il vuoto.
Cioè?
La privazione di alcune parti, come una sorta di abbandoni, da dimenticare.
Ma l'armonia della pienezza, della vita che cresce e si fa spazio, quello di certo lo voglio ricordare. Battiti, colpetti, fruscii, sogni.
Meravigliosa e terribile metamorfosi del corpo che cambia.
E il tempo passa e la trasformazione (diversa) continua.
Non sempre tutto è a regime, qualcosa non va.
Di pezzi di ricambio non ce n'è, o quasi...
E allora, che si fa?
Si cerca di preservare quello che si può, si cerca di volersi bene, di apprezzare quello che si ha.





2 commenti:

  1. non ti preoccupare, come ben sai, tutti hanno i loro acciacchi!
    Giselda

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  2. Scritto molto bene, Turchese assoluto.
    Credo che abbia tolto la parola a tutti! titti

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